PROGETTARE NEL SOCIALE

 

 

A cura del Dottor Giuseppe Milia

Presidente del Dipartimento A.N.S. Puglia

 

 

 

  1. LE FASI DEL PROGETTO

 

Quando pensiamo alla progettazione ci riferiamo ad un processo cognitivo e ad una attività che si esprime in innumerevoli modi e che è presente in molteplici ambiti: piani mentali, propositi strutturati, strategie in vista di una soluzione, dei documenti, dei programmi, dei progetti di ricerca, la pianta urbanistica di una nuova zona residenziale, una delibera di un consiglio d’amministrazione, il prototipo di una nuova automobile, il modello di un vestito, ecc..

Pur nella diversità dei campi di applicazione, la progettazione è tuttavia un’attività fondamentalmente unitaria, orientata all’invenzione e realizzazione di artefatti anche molto complessi.

A prescindere dal tipo di progetto da realizzare, dalla durata, dai destinatari o da altri elementi, possiamo rappresentare il percorso di un qualsiasi progetto di intervento attraverso 5 fasi.

Da questo momento per evitare fraintendimenti utilizzeremo il termine “progetto” riferendoci al “processo complesso di ideazione, realizzazione e gestione” a meno che non ci riferisca alla “stesura del progetto” che affronteremo più avanti.

 

1° – IDEAZIONE

La prima fase corrisponde all’ideazione, al momento in cui una o più persone ipotizzano di realizzare un progetto, di attivare un’iniziativa, di fare o proporre qualcosa.

 

2° – ATTIVAZIONE

La seconda fase corrisponde a quella dell’attivazione. Una volta avviata una ipotesi di progetto bisogna cercare di verificare quali sono le risorse (umane, finanziarie e strumentali, ecc..) disponibili, identificare il proprio ruolo e quello degli altri soggetti coinvolti, identificare il problema e le strategie d’intervento, ottenere il consenso più o meno allargato e analizzare la domanda della committenza.

 

3° – PROGETTAZIONE

Segue la terza fase dell’elaborazione del progetto su supporto cartaceo, dell’identificazione e programmazione delle diverse fasi dell’intervento. Si cerca di prevedere quali saranno le esigenze di personale, i tempi, le necessità tecniche e materiali per garantire l’operatività.

 

 

 

 

4° – REALIZZAZIONE

La quarta fase corrisponde alla realizzazione dell’intervento. Attraverso l’avvio delle prime attività si verificano le proprie ipotesi, si attuano gli interventi ed i cambiamenti necessari per sostenere il progetto, si sviluppano processi di confronto e verifica “in itinere” per produrre gli aggiustamenti necessari.

 

5° – VERIFICA

L’ultima fase è quella della verifica conclusiva e della riformulazione, ridefinizione o conclusione del progetto stesso. La verifica è solitamente posta come ultima, anche se processi di monitoraggio e valutazione più o meno formalizzati ed espliciti si attivano lungo il percorso ad ogni tappa, così pure il processo di attivazione può seguire parallelamente alla realizzazione dell’intervento.

 

 

 

  1. APPROCCI DELLA PROGETTAZIONE

 

 

Possiamo riassumere i 3 tipologie gli approcci e gli orientamenti esistenti in merito alla progettazione di interventi nel sociale.

 

1° – SINOTTICO-RAZIONALE

L’approccio sinottico-razionale è di tipo “meccanicista” che rimanda ad una casualità di tipo lineare che può essere così riassunta: “in condizioni ambientali date, trovare i mezzi migliori per raggiungere obiettivi dati giudicati desiderabili secondo criteri di valutazione stabiliti”.  Ciò presuppone che l’ambiente è predeterminato, si dà per scontato che il problema sia chiaro e non ambiguo, che gli obiettivi siano esplicitamente dati e non interpretabili o messi in discussione.

Questo approccio non aiuta a pensare il progetto come uno strumento flessibile capace di adattarsi lungo il processo, di riorientare i processi decisionali, di definire a tappe successive altri elementi; ci si aspetta che il progettista-decisore debba in un certo senso predire il futuro e permanere nelle proprie scelte.

 

2° – CONCERTATIVO o PARTECIPATIVO

Questo approccio rappresenta un insieme piuttosto eterogeneo di impostazioni teoriche che condividono l’assunto secondo il quale la conoscenza non si basa sulla corrispondenza con la realtà esterna, ma sempre e solo sulle costruzioni di un osservatore. Ciò si traduce in una serie di interrogativi del tipo: chi definisce le risorse e i vincoli? Chi individua le strategie? Chi realizza concretamente quanto stabilito? A ch serve e chi deve effettuare la valutazione?

 

 

 

 

Alla base di questo approccio c’è la convinzione che i problemi sociali non sono caratterizzati da una casualità lineare; esistono più interpretazione dei bisogni e delle ipotesi; il ruolo dei servizi e degli operatori non è quello di dare soluzioni ma aiutare l’empowerment degli individui o delle comunità.

 

3° – EURISTICO

Nell’approccio euristico (da eurisko = ricerco) si rinuncia a conseguire degli obiettivi predeterminati a monte dagli operatori-progettisti. Questo approccio pone al centro del processo di intervento nel sociale la fase dell’attivazione; la progettazione di uno specifico intervento è intesa come prodotto di percorso e non come luogo di partenza. Esiste un fine, un’individuazione di strategie, uno specifico contesto e un processo condiviso di ricerca partecipata attraverso cui si definiscono con i soggetti, i destinatari, gli obiettivi specifici, gli interventi, e le ipotesi di trasformazione. In questo tipo di approccio, l’esperienza dei soggetti che vi partecipano è solitamente carica di contraddizioni: sono presenti sentimenti di entusiasmo ed euforia, depressione, delusione, rabbia, impotenza e soddisfazione

 

 

 

 

 

  1. LA STESURA DEL PROGETTO NEL SOCIALE

 

 

 

Se si è alle prese con la stesura di un progetto cartaceo che serve per richiedere finanziamenti (di cui non è certa l’entità, né il momento in cui verranno erogati, o se verranno erogati), bisogna essere sufficientemente precisi e documentati per far capire all’interlocutore che si possiede una buona competenza nel settore di pertinenza del progetto e nella progettazione; contemporaneamente però bisogna prevedere sufficiente flessibilità per poi realizzare l’intervento secondo come si evolve la situazione (ammontare dei finanziamenti ottenuti, cambiamenti avvenuti dal momento della richiesta al momento della realizzazione, sia rispetto al problema sia nei servizi/persone coinvolte o ancora nei costi).

Il termine “fase” ricorre ripetutamente trattando i temi connessi alla progettazione e alla valutazione e delle volte con significati diversi che possono generare confusione. Così viene, a volte, utilizzato il termine fase come sinonimo di “tappa” all’interno del percorso di progettazione e realizzazione di un intervento. Si può utilizzare anche il termine macro o micro-fase per indicare un singolo progetto all’interno di un intervento più complesso.

 

 

 

 

 

Al di là dell’approccio che viene utilizzato, il progetto dovrebbe, in ogni caso, rispondere al requisito di logicità e congruenza fra le sue diverse parti, che sono:

  • definizione e analisi del problema
  • identificazione degli obiettivi
  • beneficiari dell’intervento
  • modello di intervento e attività che verranno svolte
  • valutazione
  • messi e risorse.

 

DEFINIZIONE E ANALISI DEL PROBLEMA

Questa è una fase delicata, perché si tratta di stabilire alleanze; di coinvolgere le persone, i gruppi, le istituzioni che possono contribuire alla riuscita dell’intervento (anche solo per avere un loro appoggio esterno); di cercare di non far sentire esclusi alcuni che potrebbero risentirsi e boicottare il progetto.

 

IDENTIFICAZIONE DEGLI OBIETTIVI

Porre gli obiettivi significa esplicitare cosa si desidera cambiare, in chi, in che senso, in quale misura. Prima di definire gli obiettivi specifici, vengono fissati uno o più scopi generali e spesso l’intervento nasce proprio a partire da essi. Lo scopo in generale è una dichiarazione di intenti, desideri, formulato in modo abbastanza ampio e vago.

 

BENEFICIARI DELL’INTERVENTO

Già dal momento in cui si delinea lo scopo e ancor di più quando si fissano gli obiettivi specifici, si sono individuati i beneficiari dell’intervento, cioè su quale popolazione sono attesi i cambiamenti desiderati (beneficiari, popolazione, target, bersaglio, ecc.).

Sarà importante conoscere le loro principali caratteristiche socio-demografiche (età, genere, gradi d’istruzione, stato civile, professione, ecc.), come pure i valori, le credenze, le abitudini, con particolare riguardo a quegli aspetti valoriali e comportamentali maggiormente collegabili alla problematica affrontata. Queste conoscenze saranno utili sia per stabilire le modalità di contatto più opportune, sia per capire se le attività che saranno ipotizzate potranno essere accettate o realizzabili.

 

MODELLO D’INTERVENTO E ATTIVITA’

Un ipotesi di intervento è un’affermazione che specifica la relazione fra un progetto, quello che verrà fatto, e il processo specifico associato al comportamento o alla condizione che si vuole cambiare.

Volutamente preferisco trascurare ogni riferimento alle “strategie”, in quanto parlare di strategie e non di modelli, rende più complesso l’argomento.

 

 

 

 

VALUTAZIONE

Prima di passare alla progettazione operativa sarà necessario stabilire i tempi e la sequenza con cui dovranno essere realizzate le diverse attività (planning, workplane, tempotalizzazione, ecc.) e con quali modalità verranno intrapresi i percorsi valutativi.

 

MEZZI E RISORSE

È necessario che ci sia coerenza tra il progetto sociale ed il progetto economico e che tutte le fasi e le attività, i servizi, i mezzi previsti nel progetto siano tradotti in valore monetario e che vi sia una coerenza con le diverse voci del budget di spesa.

 

 

 

S.R.S. – Studio Ricerche Sociologiche

Dr. Giuseppe Milia – Presidente Dipartimento ANS Puglia

 

 

 

 

 

 

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